Torno anche quest’anno a tradire mia moglie con Piergiorgio ma questa volta saremo molti di più, quasi da averne paura.
Il giovedì lei parte per il mare con i bambini e io resto solo, spippolo online e Facebook mi ricorda, benedetto il mio amico Mark, che c’è Spessore a Torriana, che io sono un uomo solo e che lavoro soltanto fino alle 14.00 e che se mi preparo per tempo posso partire subito.
Prenoto dove dormire, al Povero diavolo non c’è posto che è tutto occupato dagli chef e trovo rifugio poco distante.
Spessore viene descritto come una serie di serate dove la brigata del Povero Diavolo accompagna chef di altri ristoranti nell’esplorazione delle possibilità offerte dagli ingredienti messi a disposizione. Quindi creatività e possibilità di lasciarsi andare a divagazioni. Qui trovate un’intervista del 2014 a Fausto Fratti.
Per me è interessante perché sono affascinato dal processo creativo da cui nascono i piatti ed in una sera così c’è modo di avvicinarsi all’embrione di accostamenti che forse un giorno saranno nei menù di qualche ristorante. Oppure ancora più divertente troveremo forse un giorno in carta di questi quattro chef (Parini, Tokuyoshi, Boer, Mammoliti) lo stesso piatto che ognuno avrà caratterizzato con il proprio tocco come, mi pare, facevano Cuttaia e Zanger non mi ricordo per quale piatto. Me lo disse Zanger a Taormina molti anni fa.
L’autoradio dell’auto non funziona e ho quindi tempo per pensare a dove vado e cosa devo aspettarmi e, onestamente, le prendo quasi tutte sbagliando clamorosamente le riflessioni sul vino. Più deludente il fatto che mangiamo in piatti di carta e penso sarebbe bastato poco per farsi rifornire una camionata di stoviglie da qualche servizio per catering che la mattina dopo le riprende sporche.
Nell’ordine penso che:
- probabilmente, proprio per la natura dell’evento, la maggior parte di quello che mangeremo non sarà indimenticabile
- probabilmente andranno persone che come me sono un po’ fissate e quindi ci sarà modo di fare discussioni monotematiche ma con punti di vista interessanti
- la scelta dei vini non sarà molto ampia
Hanno apparecchiato fuori e il Duo Scala ha già cominciato a suonare. Sono a tavola con persone che non conosco e che come prima impressione mi lasciano abbastanza indifferente, scopro invece essere persone interessanti e piacevoli nella conversazione che difatti si protrarrà fino a notte inoltrata.
Il foglietto sopra alla tavola dice che i piatti che proveremo saranno sedici e che avranno più la forma di assaggio che di porzioni piene.
Guardo il tavolo del vino e mi avvicino per riempire il bicchiere e vedo che è possibile bere di tutto, di tutti i generi e colori e capisco che sarà impossibile assaggiare tutti quei vini. Ma mi sento determinato e pieno di forza e a fine serata avrò provato molto di più di quello che ritenevo possibile.
Dal tavolo davanti alla cucina è possibile provare la mozzarella di bufala Campana del Caseificio Barlotti, la mortadella di Federico Orsi, l’aceto tradizionale dell’Azienda Agricola Gambigliani e il Parmigiano del consorzio del Parmigiano Reggiano.
I piatti che escono non sappiamo da quale mente siano stati partoriti e così mangiamo.
Il primo piatto è Insalata, zuppa di mozzarella, lievito ottimo come inizio fresco e con quella punta acido/sapida della mozzarella sostenuta dal lievito che devo riconoscere molto interessante.
A seguire Zucchine marinate, rafano che lascia un po’ interdetti. A me piace il sapore del rafano e anche le acidità spinte ma qui manca completamente una parte grassa e una croccante. Soprattutto la prima che contrasti questo ottimo cetriolino da hamburger.
Poi Ostrica, susine, verbena è un piatto armonico con la croccantezza dolce/acida del frutto a dare equilibrio al mare in bocca.
Carpione del ’91 è estremamente piacevole sia per la varietà di consistenze che per il giusto equilibrio tra dolce e acido sbilanciato su quest’ultimo. Le cozze hanno appena sentito calore.
Zuppa di frutta, gamberi e melissa porta ad un livello più semplice alimenti simili ai precedenti questa volta esaltando il dolce e la freschezza con le stesse sensazioni che offre la frutta.
A seguire un assaggio/passaggio più opulento con questa Bruschetta di canocchie, lardo e cenere che non cerca spigoli ma transita sopra al tavolo e se ne mangia e se ne mangerebbe come se fosse un piatto che soddisfa chissà quale bisogno primitivo.
Il piatto che segue – Semi mantecati, bietole, burro e salvia – è controverso e ha rappresentato almeno per me e per il tavolo che condividevo un momento incomprensibile e faticoso per la consistenza ed il sapore. Non arrivava la terrosità delle bietole ma tutto si svolgeva in bocca con grassezza e finale amaro di salvia. Il piatto agli antipodi della zucchina marinata e rafano. Il piatto sporco è colpa mia.
Con la Tortina di grano saraceno, rapa, yogurt, cipolla si va molto su. Ogni senso è soddisfatto, ogni sapore spinge l’altro sulla line tracciata da yogurt e cipolla.
Il Risotto al pomodoro, sgombro, limone bruciato è naturalmente buono. Si sentono tutti i prodotti presenti e l’acidità importante in equilibrio con la parte grassa, tracce di carbone e agrume ma non ho sentito lo sgombro a meno che quel livello salino molto spinto, al limite del salato, non ne fosse il risultato.
Mezze maniche al barbecue, birra arrivano al tavolo con noi che siamo distratti ma appena assaggiate si prendono il loro giusto spazio. Paiono nate nel profondo sud degli Stati Uniti, tra una striscia di costine ed un coccodrillo ma queste sono più buone (sia delle costine che del coccodrillo) perché non c’è esagerazione ma precisissimo ogni sapore sbilancia le papille e le rimette a posto.
La Piadina giapponese, guanciale, verdura, zukemono è un’altro di quei piatti che averlo o no avrebbe cambiato poco. Segue la salsa barbecue e forse questa è la giustificazione per quella carne sfilacciata buona ma nulla di più.
Con la Faraona, ciliegie, katsobushi, zenzero c’è un susseguirsi di sguardi perplessi. Sapori basici e non facili da mandare giù, all’inizio pare che il brodo si salvi… ma no.
Altro piatto con bel potenziale è stato Fegatino, cocomero, cicoria che, così detto, mi faceva venire in mente l’ostrica virtuale di Scabin. L’idea dei dolci che s’incontrano con gli amari con il fegato nel mezzo. Una bella cosa rovinata da un eccesso di cacao che faceva sembrare il piatto affogato nel cioccolato. Lo stesso errore di Tomei e Lopriore con il Creme Caramel di fegati di piccione ad Antologica.
Su questo piatto c’è stai un problema di presentazione da parte dei camerieri che ce lo hanno descritto come Cetriolo, ricotta, sambuco mentre si tratta di Cioccolato bianco, bottarga di sogliola, melanzana. E poi mi manca una foto, quella del Cetriolo.
Comunque piatto strano con la melanzana cruda e la cioccolata molto grassa. Nota minima della bottarga.
Patate e rosmarino è un dolce strano che spiazza i sensi. Gelato di patate arrosto come le fa mia madre, buonissime ma dolci e sotto forma di gelato.
La cena è a questo punto conclusa e gli chef escono a prendersi gli applausi degli ospiti e ad ascoltare Fausto Fratti che rispiega a tutti i motivi di quelle serate.
Prima di andare via c’è tempo per un piatto di Paccheri cacio e pepe ottimi e di un ultimo bicchiere di vino. O due.
Una nota finale che secondo me dovrebbe essere più evidente per tutti, ospiti e organizzatori: proprio perché è una serata di sperimentazioni chi viene dovrebbe essere già predisposto per l’eventualità che i piatti non siano al top, che ci siano sbilanciamenti e imprecisioni di gusto e magari non tecniche (se si fanno esperimenti di tecniche siamo pronti a perdonare anche quelli).
Per chi organizza invece è giusto che ci sia l’ansia che tutto vada per il meglio ma non deve esserci certo l’ansia per il cibo con il bisogno di giustificare ogni singola portata ma, magari, con il desiderio di spiegare quale era il processo creativo dei piatti.
L’uso dei piatti di carta e non utilizzare un catering che per pochi euro ti affitta piatti e posate togliendoti l’ansia delle pulizie sarebbe opportuno.
Gli chef dovrebbero uscire ogni tanto, visto che i piatti vengono improvvisati in fase di ideazione, vincendo la loro timidezza. Sarebbe carino avere le loro narrazioni.
Ristorante Povero Diavolo
chef Piergiorgio Parini
Via Roma 30, Torriana (Rimini) – 43.985596, 12.385285
tel 0541 675060