Ristoranta Joia (Milano)

provato a cena a Maggio 2015

“Giuro che ho visto nel bagno un cameriere che succhiava una fetta di mortadella e piangeva” ho raccontato, dopo aver accompagnato mio figlio ai servizi igienici, agli amici che condividevano con me il tavolo. Le battute sulle proteine animali quella sera si sono sprecate non davvero perché ne sentissimo il bisogno ma perché servivano ad esorcizzare la nostra natura di carnivori messa in discussione da quella cucina.

Accompagnavamo un’amica vegetariana a festeggiare il suo compleanno cogliendo l’occasione per andare a vedere l’Expo. Milano io l’avevo vista soltanto un paio di volte per il 25 aprile da ragazzo e un altro paio di volte avevo fatto mordi e fuggi per lavoro e l’ho trovata bella, lontano da quell’immagine che nella mia testa era fatta di palazzi tutti uguali, di traffico e paninari, di Boldi e altri comici tristi.

Il Joia, almeno la sala dove noi eravamo, mi fa venire in mente un qualcosa che arriva dagli anni settanta. Non so davvero spiegarlo, tutto è ordine e pacatezza, pulizia, legno e pietre. Quella sera l’aria condizionata era tenuta inspiegabilmente spenta e l’ambiente era caldo, troppo. Veniva accesa di quando in quando su richiesta per poi essere subito bloccata in un’alternanza di piacere e bollore non proprio divertente.

Cosa mangiare? Lasciamo scegliere la nostra ospite che ci stupisce scegliendo il menù degustazione Zenith, il più lungo e complesso con le sue sedici portate che permettono di attraversare in un sol colpo tutto il pensiero gastronomico di Leemann. Abbinato ad esso uno dei tre percorsi di degustazione dei vini. I piatti di questo menù sono porzioni ridotte di quelli presenti in carta serviti però, e questo non mi è piaciuto, su piccoli piatti.

Servizio giovane e informale e carta dei vini ampia con ricarichi abbastanza importanti. Una nota necessaria a mio giudizio, per i bambini una pasta al pomodoro che è stata una delle più buone mai assaggiate, sia da lui che da noi, non solo in un ristorante stellato ma anche  altrove.

Gli omaggi di cucina sono estremamente piacevoli e danno immediatamente il senso di quello che saranno i piatti successivi.

Sapori verdi e freschi, note di terra e dolcezze tenui.

Il pane è ottimo, soprattutto l’integrale, e realizzato con lievito madre che lo caratterizza intensamente senza renderlo noioso. Il panino in entrata con il carbone vegetale e sesamo da impazzire.

Il quartetto di piatti che segue è notevole sia per sapori che per consistenze. In ciascuno dei tre la freschezza fa da padrona e lascia spazio ad una serie interminabile di sapori.

Si parte con Non di solo pane, una panzanella arricchita di wasabi e appoggiata su una serie di salse dove predominano quelle di lampone e di zafferano. Nulla di distante dalla tradizione toscana e allo stesso tempo lontanissima con i fagioli a dare una cremosi che appartiene più alla ribollita e la leggerezza pungente orientale a far pensare che un’altra panzanella è possibile.

Wild ha fatto parlare molto la tavola tra chi ne tesseva le lodi e chi non apprezzava soprattutto la parte contenente l’avocado. A me è piaciuto molto con l’asparago croccante  e dalle note più amarognole lasciato in purezza e le due consistenze accanto, una sorta di “insalata russa” all’avocado e una spuma di aglio orsino sopra a fragole e ravanelli. Quest’ultima molto carica di sapore e fresca ma profondamente elegante.

Appunti di viaggio, con la sua spuma di formaggio e tartufo, è un piatto soltanto apparentemente tondo e opulento che nasconde, nel fondo e nei cucchiai che vanno usati per mangiarlo, interminabili note dolci e fresche che ne alleviano la parte grassa.

I due piatti successivi invece li ho trovati stancanti e, soprattutto il secondo, poco equilibrati.

Il primo è Due cubi, due colori che altro non è che una riduzione del noto Colori, gusti e consistenze. In questo caso consistenze abbastanza simili, con il secondo più “cremoso”, che assumono nella loro delicatezza un senso più definito quando vengono assemblati e toccati con l’olio.

Per L’ombelico del mondo non riesco a trovare parole e ho avuto difficoltà a finirlo nonostante il riso mantecato alla perfezione e cotto in maniera precisissima ma eccessivo nella carica di zenzero che fa bruciare la bocca; le zucchine e soprattutto il tartufo  non assumono nessun rilievo in bocca se non dal punto di vista tattile ma in una maniera che è quasi fastidiosa.

Lo gnocco con ripieno di caprino si chiama  Serendipity nel giardino dei miei sogni e, se si esclude la consistenza particolare, è piacevole e riempie.

A questo punto ero però sazio davvero e i piatti seguenti li ho soltanto assaggiati.

Per Govinda è forse il piatto più “carnivoro” di tutti con il netto sapore di arrostitura e la consistenza dei dischi di grano saraceno.

Assaggiando queste tagliatelle senza uovo, Ogni giorno è primavera, son stato contento di essere pieno. Mentre la compagine vegetariana ne tesseva le lodi noi carnivori ci guardavamo perplessi.

Anche il successivo, Un indovino mi disse, non è stato per me piacevole sicuramente per la consistenza del tofù e non per quanto nascosto sotto invero ottimo.

Sotto una coltre colorata viene portato in tavola con la richiesta di individuare quanto nascosto sotto. Qui consistenze, sapori e gioco sono tutti estremamente piacevoli.

Maggese, sono onesto, non ce l’ho fatta ad assaggiarlo ma ha ricevuto un plauso da tutto il tavolo.

La parte salata si conclude con La forza titanica del bene. Una frittura leggerissima e croccante con salse molto ben definite una al wasabi e l’altra al miso e dentro alla coppetta, cito, gazpacho di sedano verde agrumato e appena piccante da bere alla fine.

La parte dolce inizia con la frutta a rinfrescare.

Gong viene servito piano, i bambini dormivano che erano quasi le due di notte, ed è effettivamente un gran dolce dove si trova di tutto e per ogni senso.

Poi Prima-vera che non ho assaggiato.

Cinque minuti conclude la cena. Un tartufo al cocco ricoperto di gru di cacao con una salsa molto rinfrescante e l’altro tartufo con una stracciatella al frutto della passione.

Dolcetti finali.

Ristorante Joia – Alta cucina naturale
chef Pietro Leemann
Via Panfilo Castaldi 18, 20124 Milano
tel 02 2049244
www.joia.it

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