provato a cena a Maggio 2015
Una deviazione di 140 chilometri per tornare a casa a volte è una scelta giusta, permette al bambino di riposarsi e a noi di parlare. Parliamo molto in auto e cantiamo, la colonna sonora questa volta sono stati gli album dei CSI che ascoltavamo quando, da fidanzati, andavamo via.
Son 140 chilometri lungo queste strade emiliane piatte e barbose, macchine che fanno quanto devono fare in queste tre corsie sorvegliate ad ogni cavalcavia.
Si arriva a San Giovanni in Persiceto – che è terra di campioni non soltanto sotto canestro – e si cerca parcheggio, non è difficile da trovare e certo le quattro o cinque macchine che trasportano i pochi clienti dell’Osteria non saranno un problema. Non sono pochi perché non vale la pena venire qui ma perché il locale di Anna Caretti e Franco Cimini di posti ne ha pochissimi.
Osteria lo è, accrocchio coerente e non di cose vecchie, seggiole di paglia e bicchieri da vino eleganti, maglie autografa e bagni da ristorante di campagna di altra levatura… e sarebbe bello trovare sempre bicchieri, posate e tovaglie così.
Con la carta dei vini c’è di che divertirsi in un percorso interregionale ben pesato e occhiate di livello fuor d’Italia con una interessante scelta di champagne.
Il menù è ampio e non del tutto emiliano ma poco importa, il nome ce l’hanno e voci molto affidabili fan sapere che li si mangia bene, molto e tu leggi la carta consapevole che non potrai assaggiare tutto. Resteranno indietro le lumache, il piccione, il cervello fritto e le salsicce di fegato, il cibreo e gli affettati, il parmigiano. A fine cena quel sapere si trasformerà in tristezza e necessità di ritornare.
Troveremo una cucina schietta e non banale, non leggera ma nemmeno assassina dove c’è il grasso che deve esserci, non poco ma nemmeno troppo.
Seduti veniamo omaggiato di ricotta prodotta dall’Agricola Caretti leggermente arricchita di panna. Il delfino la mette in bocca e dice “Però questa è buona, non è come quella che ci danno a scuola” e ha ragione, non è nemmeno come quella più bona che ci procura mia madre. È ruffiana quanto basta con quel pizzico di panna però è ottima.
Non possiamo esimerci dall’assaggiare i Tortellini alla crema di latte (la panna da affioramento) che sono piccoli e affogati adeguatamente in questa panna che viene dalla capacità di aspettare. Si sente il ripieno di quella preziosa pasta ricco di parmigiano, con la sapidità smorzata dal grasso condimento. Ne assaggio uno e poi comincio a dire al bambino che sono cattivi e che gli darai del pane con la ricotta e io mi sacrificherò per lui. Non ci casca, è furbo il marmocchio, però so che almeno 10 nel piatto li lascerà. Ne lascia quattro che ci dividiamo con mia moglie. Ma gli è salito il buon umore e canta, ad un certo punto canta anche Bella Ciao – forse ha capito di essere nella rossa Emilia – e non so se qui sia il caso.
La Cipolla dorata al forno ripiena di fegati di coniglio è incandescente e dal sapore deciso, dolce su dolce e amaro su amaro con una nota caratteristica intensa ma non fastidiosa. Forse non ha un aspetto raffinato ma è davvero buona e rustica, elegante come una contadina il giorno di festa.
Le Tagliatelle all’antico ragù di cortile (ragù con le frattaglie di pollo) sono tante e sono perfette. Rifuggo il parmigiano e mi butto in questo groviglio di carne e odori, ventrigli e tutto quanto rende buono un sugo così. Tagliatelle piccole e croccanti si trascinano dietro tutto quel ben di dio, tutti fanno un giro d’assaggio e tutti vogliono il secondo giro. “Ti piacciono?” e lui “Più dei tortellini, ma anche i tortellini di più” ed io che soffro perché è così piccolo e già così intelligente, bravo non dare possibilità che capiscano, disorientali.
La Faraona alla cenere finisce davanti a mia moglie. Ha le caratteristiche di queste terre, che si sentono nella carne tenace e saporita che non viene annullata dai condimenti che la ricoprono. Ad ogni boccone mia moglie mi dice “È ottima” e nonostante la lunga cottura la pelle è croccante. Mi lascia l’ala quella santa donna perché altrimenti, dice lei, mangia troppo.
Le Animelle di vitello sono tenere e gustose, penso vengano rosolate infarinate nel burro e poi portate a cottura assieme a del fondo bruno (del fondo bruno me lo ha detto la signora Caretti). Ogni forchettata è un tuffo al cuore, morbida ma da masticare, carica di umori e con quelle parti più arrostite che profumano. Sono dolci e abbondanti, affatto scontate e sono preziose.
Ad accompagnarle delle cicorie saltate.
La Zuppa inglese è così come deve essere, non bella da vedere. Uno dei rischi di questo dolce è il sopravvento che un ingrediente può prendere sugli altri. Qui no e anche la cioccolata, che solitamente assieme alla bagna sono gli ingredienti più pericolosi, fa il suo ruolo smorzando la parte zuccherina.
In sostanza, nonostante la visione del mondo non proprio ci avvicini, tornerò e porterò gli amici e li inviterò a fare una sosta qui.
Antica osteria del Mirasole
chef Franco Cimini
Via G. Matteotti 17a, San Giovanni in Persiceto (Bo)
tel 051 821273
www.anticaosteriadelmirasole.it