provato a cena a Settembre 2014
“Io le cose che fanno li non le mangio” ha detto a bassa voce un tizio (probabile fosse un turista visto che aveva la sua macchina fotografica al collo) alla sua compagna – che aveva un’aria quasi dispiaciuta – passando li davanti mentre noi attendevamo di entrare.
E mi era venuto voglia di fargli gambetto a quel tale che era entrato nel mio momento contemplativo, quello che ho sempre prima di entrare in un locale così. E anche mentre finivo la mia sigaretta.
E intanto mia moglie mi dice che ha fame e mio figlio che non ci vuol venire e io che mi dibatto tra timore e voglia, tra il senso di colpa nel costringere mio figlio a venire in un posto dove non fanno solo pasta al pomodoro e poi ci mandano a giocare e l’egoismo più bieco quello che mi fa pensare una delle frasi più stupide del mondo: “Finché vivi sotto il mio tetto fai quello che dico io!”.
Comunque il punto è un’altro, il punto è che molti grandi chef (non tutti) dicono che un loro sogno è quello di creare piatti che un giorno diventeranno “cucina tradizionale” e che altrettante persone comuni, io con loro, pensano che ciò sia molto difficile. Credo però che molte delle cose che la chef Valeria Piccini realizza con la sua brigata siano vicine a qualcosa che potrebbe diventarlo (l’idea, un sapore, una forma… fate voi) portando dentro una carica di semplicità fondamentale, dove non si cerca di confondere il palato ma di dargli conferme, pace.
Se guardate la targhetta degli orari sulla porta d’ingresso, infatti, troverete che Caino non è un ristorante ma è come denominazione una trattoria e forse questa classificazione non è del tutto sbagliata perché in quella cucina si intravedono sempre e comunque, che sia nel gusto o nei profumi, i piatti della maremma. Cibi che si potrebbero trovare, ripeto: nell’idea e nei sapori, in un locale dove ci si ferma per un poco di ristoro. Poi qui si vola oltre con quella capacità di dare forma, sostanza e modernità alla ruralità che circonda e nella quale immergono le loro radici la chef ed il luogo.
Dalla cucina nervetti soffiati e paté di fegatini e un’emulsione di mela con pancetta. Se il primo è sfizioso il secondo è un tuffo nelle merende dell’infanzia. Pane con l’olio e la mela ma senza il pane. Fresco e con l’olio perfettamente bilanciato con la sapidità, non dolce e non salato.
I pani, in realtà un altro piatto, dove svettano i panini con il rosmarino e soprattutto il pane con la ricotta e i crackers con paprika e peperoncino.
Ottima ricotta che torna nel secondo omaggio di cucina, una golosa crema a cui la bottarga di muggine da potenza ed il sedano di nuovo freschezza.
Il Gambero rosso, sfere di melone, sorbetto di ravanello, crema di yogurt all’aglio e pesto di fagiolini dà inizio alle danze. Tartara leggermente affumicata, gambero saltato al lime e tutte le altre cose elencate nel nome del piatto. Se diamo per scontata la qualità della materia prima quello che più mi è piaciuto è stato il sorbetto con una carica di sapore importante.
Poi Centrifugato di pomodori verdi, baccalà arrostito, verdure ed erbe di stagione che è stato per me, ma non per mia moglie, il piatto che meno mi ha colpito. Nonostante gli elementi comprimari fossero incredibili per consistenza e per sapore ed il baccalà morbido e dolce con l’acidità del centrifugato a far aumentare la salivazione l’insieme mi è parso un po’ fragile.
Questi Ravioli all’olio extravergine di oliva con coulis di pomodoro fresco invece rimarranno nella mia testa per sempre. Esplosivi e sapidi, da mangiare interi e schiacciare contro il palato mettendoli in bocca assieme alla loro dose di pomodoro dolce e lasciato volutamente più sciapo. Si fa sentire l’olio e la colatura di alici in una maniera che è piacevolmente aggressiva. Sono del resto uno dei piatti simbolo di chef Piccini.
Poi ci son sapori che stanno nella testa, a tratti schiaffi come in Tono su tono… tagliolini alla clorofilla di prezzemolo, vongole e salicornia dove la crema di friggitelli, il limone candito e il peperoncino danno freschezza e rendono un poco più gentile l’intensità delle vongole quasi crude.
L’ultimo piatto salato è un Cuore di Manzetta Maremmana alla brace, pesche, melanzane e potacchia. Il cuore è un muscolo e per di più magro e come tale viene trattato, cottura veloce e appoggiato sopra un cubo di melanzana a integrare e portare un poca di morbidezza. C’è da masticare ma ne vale la pena. La potacchia in insalata aggiunge un’acidità gentile rinforzata dalla pesca, soprattutto da quella presente nella salsa a destra.
Il predolce è un sorbetto di foglie di fico. Non sa di fico ma ha note più verdi e di mandorla leggera all’inizio per poi rivelarsi in un bel sapore di cocco. Comunque è molto buono, da strappare occhiate complici e meravigliate a tavola e le arachidi salate sbriciolate sopra lo fan sembrare più di quel che dovrebbe essere.
Il dolce è un Gelato di latte di pecora al timo, infuso di prugne e thè nero al bergamotto, cialda croccante di cioccolato. Fresco e acido con una grassa eleganza eleganza, il tè a dare astringenza e la gelatina di prugne acidità. E il cioccolato? Ci sta sempre bene
Molto buoni i dolcetti finali nonostante quel macaron alla cannella maledetto che era buonissimo ma a me non deve piace per motivi “politici”.
Per tutta la cena ci ha accompagnato un Timorasso Raro Vitigno del 1996 dei Vigneti Massa carico di mineralità e di frutti secchi, acidità persistente che emerge dalla finezza.
Ristorante “Da Caino”
chef Valeria Piccini
Via della Chiesa, 4 Montemerano – 58050 Manciano (GR)
Tel. +390564602817 – Cell. +393273594882 – Fax +390564602807
http://www.dacaino.it