Avere voglia di qualcosa di buono, fosse anche solo un problema alimentare, sarebbe semplice da risolvere; basterebbe soltanto mangiare qualcosa che ci piace e che non deve essere necessariamente buono per gli altri, per i medici e per questo universo di fanatici della gastronomia.
Non è necessaria la bella forma ne il dovere accendere i fornelli.
Non è necessario preoccuparsi delle forme e neppure del bilanciamento dei sapori.
Non è necessario il sottovuoto e neppure la bassa temperatura, il plauso del popolo o l’appoggio di qualche entità esterna.
L’unica cosa di cui c’è bisogno è un piatto, qualcosa da appoggiarci sopra e un poco di appetito.
Guardate la foto. L’unica accortezza che ho avuto è di condire gli agretti (le barbe di frate) con aceto forte di vino bianco ed un pizzico di sale, di non finire la mortadella e la burrata che altrimenti in casa mi negano ogni sorta di altro piacere. E anche l’affetto.
Mortadella tagliata a macchina ma non eccessivamente sottile. Burrata al meglio che ho trovato, agretti cotti al dente. Aceto di vino bianco più del dovuto; l’ho già detto?
Ecco mi si para così sul piatto il fresco ed il grasso. Pane di giornata e la vita è un poco, pochissimo e per poco tempo – il tempo di mangiare – che le fregnacce sono inutili, più benevola.
Volete presentarla meglio? Un nido di agretti, in mezzo la burrata e sopra la mortadella. Oppure un nido di agretti con in mezzo la mortadella e la burrata a cadere sopra e attorno.
L’unica costante è l’aceto.